mercoledì 17 luglio 2013

Mala tempora currunt

Dopo l'ennesima uscita infelice del vice presidente del Senato Roberto Calderoli, il dibattito su immigrazione e integrazione torna a infuriare - come se la drammaticità della situazione attuale potesse in qualche modo giustificare l'insulto razzista scagliato contro una ministra che ha la duplice colpa di essere donna e di avere la pelle nera.
Gli italiani, si sa, in queste situazioni ci sguazzano - e alcuni fra i nostri politici lo sanno bene. Sanno che possono fare leva sulla disperazione, sull'angoscia dei posti di lavoro perduti per portare il nostro Paese ad un livello sempre più basso di civiltà, senza mai incontrare su questo pericoloso cammino l'ostacolo della capacità di analisi, del discernimento fra la "buona" e la "cattiva" informazione.
Perciò, tutti con Calderoli a dare dell'orango alla Kyenge, colpevole di non aver regolamentato a dovere l'afflusso degli extracomunitari. Curioso: io ero convinta che dovessero pensarci i Legaioli "celoduristi", che per vent'anni ci hanno ammorbato con la necessità di tenere "terùn" e "musi neri" lontani dalla sacra Padania.

Ancora una volta ringrazio Anarkikka per i suoi intelligenti disegni...
Per quel che mi riguarda, ho avuto la fortuna (lo scrivo senza ironia) di insegnare sempre in scuole "difficili": istituti professionali con classi interamente maschili, composte da alunni non di rado problematici, italiani oppure immigrati di seconda generazione. Si tratta di adolescenti arrabbiati e confusi, vittime innocenti di una società sempre più imbarbarita - che si accanisce sui deboli all'eterna ricerca di un capro espiatori per i propri (numerosi) peccati.
Grazie a questa personale esperienza, so che chiunque parli di "integrazione" come di una realtà semplice e lineare non ha la benché minima idea di che cosa significhi affrontare oggi le sacche più profonde del disagio sociale. (Purtroppo, si macchiano di una certa faciloneria anche amici e conoscenti "di Sinistra", che non hanno mai lavorato in prima persona con quello che è il risultato di lacune decennali in materia di melting pot e di coesistenza fra culture diverse.)
Né la crisi economica che stiamo attraversando aiuta la gente comune (a qualunque etnia o religione appartenga) a vivere pacificamente. Ora che i nodi iniziano a venire al pettine, le persone si abbandonano alla collera, all'irritazione per gli stipendi sempre troppo bassi, per il lavoro che non c'è.
Credo che sia legittimo o, almeno, comprensibile.
Ciò che, al contrario, trovo dannoso al massimo grado è abbandonarsi ciecamente al clamore degli insulti, all'informazione diffusa (parzialmente) a suon di link sui social network, all'odio di pancia - che tutto travolge perché poco (o nulla) comprende.
La strada per l'integrazione (e dunque per la reale parità degli individui e dei sessi...) è tutt'altro che semplice; ma, di certo, deve essere affrontata con competenza e lucidità, attraverso un lavoro capillare che passi attraverso i Comuni (spesso incapaci di gestire i problemi derivanti dalla coesistenza sul medesimo territorio di gruppi sociali differenti), le associazioni (locali e nazionali), le scuole e le carceri. Una "rete" efficace, dunque, pensata da un'intellighenzia esperta (mi perdonerà Calderoli se non penso a lui, scrivendo queste parole...) e mossa, poi, da operatori abili e informati.

Il continuo soffiare (da parte di alcuni discutibili personaggi) sulle braci (mai sopite, nel nostro Paese) dell'intolleranza e del furore non ci farà stare meglio: non ci darà lavoro, non ci garantirà il diritto alla casa o al reddito minimo (per tutti - come sostiene da mesi da Laura Boldrini); ci renderà soltanto più arrabbiati - piccole bombe ad orologeria pronte ad esplodere singolarmente e a produrre irreversibili danni collettivi.

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