martedì 29 maggio 2012

Povere donne

Riflessioni di un martedì amarognolo...

In camera da letto conservo una scatola di ricordi del liceo: lettere che scrivevo alla mia migliore amica, stralci di racconti (illeggibili: disporrò che vengano bruciati dopo la mia morte...), fiori secchi, biglietti del cinema (i vecchi cinema di Casale, quelli con le sedie in legno - tanti anni prima dell'avvento delle multisale impeccabili), qualche libricino sgualcito e tutto sottolineato (a biro! Cielo, ma perché sottolineavo a biro?)...
Vivevo di grandi storie, a quell'epoca, di sogni tormentosi, di poesie fosche. Mi ammantavo di parole forti e mi coloravo le unghie di blu.
Mara e io leggevamo sottobanco Cime tempestose, Ulisse e il resoconto della vita terribile di Christiane F. Fantasticavamo, oscillando fra il desiderio d'avventura e l'idillio di un'esistenza in campagna. Anelavamo a poter disporre del nostro tempo come volevamo, una volta libere dai doveri scolastici e familiari. Progettavamo cose stupide: fughe al mare nel fine settimana, serate davanti al fuoco, qualche bicchiere di vino rosso di troppo...
Credevamo (sciocchine!) che fosse sufficiente attendere di aver raggiunto una certa età, l'indipendenza economica e che tutto il resto (essere Donne - ed essere Amiche) sarebbe venuto di conseguenza.




Eravamo sciocche, appunto. Io lo ero di sicuro. Sarà per questo che mi ritrovo oggi con un pugno di ricordi chiusi in una scatola - e ben poco d'altro.
La delusione più grande non è stata quella di perdere amicizie che credevo sarebbero durate nel tempo, ma constatare che le donne (molte donne) sono rimaste tragicamente simili a se stesse.
Ci saranno anche stati i roghi dell'Inquisizione, le battaglie delle Suffragette e il '68; la letteratura e il cinema ci avrà anche tempestate con le storie di donne testarde e orgogliose... ma siamo ancora in tante, in troppe ad anelare all'approvazione maschile, ad annullare i nostri desideri per compiacere l'uomo di turno.
Che sia nostro marito o nostro padre, ha poca importanza.
Ciò che conta è che siamo disposte a distruggere in un soffio princìpi, convinzioni, sentimenti, progetti, pur di non scontentare il "maschio".
Altro che complicità femminile, altro che solidarietà fra donne! Per una pacca sulla testa e un anello al dito, siamo disposte a farci la guerra o, peggio, ad abbandonare nel silenzio colei che fino a qualche mese prima blandivamo con promesse d'amicizia eterna.

Questo post è esagerato? Dite che non è possibile fare di tutta l'erba un fascio? Può darsi. Ma le mie esperienze non sono state poi così esigue. E se conto, sulla punta delle dita, tutte le "amiche" che se ne sono andate (perse dietro all'illusione di un principe che avrebbe posto rimedio a tutte le loro insicurezze) devo ammettere che il bilancio finale è desolante.

Direte che sono stata sfortunata. Può essere.
E loro? Che cosa sono state, loro?

Buon viaggio, "amiche" mie.

4 commenti:

Katia ha detto...

Chissà se ti sei mai fermata a pensare che a volte quella che ha tagliato i ponti sei stata proprio tu, poco portata (forse) ad andare verso l'altro, ad accettare che chi ti cammina accanto può anche distrarsi un attimo, senza per questo volerti meno bene, o essere irrimediabilmente distante.
Esiste ricchezza anche nella diversità, esistono le sfumature, Elo, da non considerarsi segno di ambiguità, quanto piuttosto di comprensione e disponibilità reciproca.
E' tra il bianco e il nero delle tue prese di posizione senza ritorno che credo si siano perse alcune di quelle amicizie. Il chi mi ama mi segua (ma lo faccia senza esitare, gettandosi a capofitto in tutte le mie battaglie, e con tempismo perfetto)non paga sempre. Sprattutto se poi tu stessa elimini chi non rispetta la tua personale tabella di marcia.
Gli uomini sono solo un alibi.

Con affetto

Eloisa ha detto...

Katia, il mio post era volutamente generico, senza riferimenti a nomi (*) e ad avvenimenti specifici. L'ho scritto apposta in questo modo, per non offendere nessuno: mi rincresce che tu non abbia avuto la stessa delicatezza nei miei confronti, gettandomi (come sempre, del resto!) tutta la colpa addosso - qui, a casa mia, sul mio blog...

In verità, stavo scrivendo un commento di risposta in cui quasi tentavo di spiegare le mie azioni (passate) e le mie parole (presenti)... ma l'ho cancellato. Mi spiace che tu ti senta "chiamata in causa" da questo articoletto; tuttavia non credo che questa conversazione debba continuare in pubblico.

(*) Ad eccezione di quello di Mara, menzionata però solo per quanto riguarda la parte dei "ricordi liceali".

Katia ha detto...

Solo una precisaizone e poi chiudo, come da te richiesto.

Non mi sono sentita offesa, Elo, nè credo di aver offeso nessuno. Ho semplicemente esposto il mio pensiero in risposta al tuo, la funzione dei post è anche quella di smuovere la coscienza di chi legge, consentendo un'interazone con l'autore. Chiudevi il tuo intervento con una serie di domande, io ti ho fornito la mia risposta e dato che non mi sembrava corretto lasciare un commento in forma anonima, mi sono permessa di firmare con il mio nome.
Mi dispiace se le mie parole ti sono sembrate indelicate, non era mia intenzione.

Eloisa ha detto...

Non ho detto "offesa", ma "chiamata in causa": è un po' diverso...

In ogni caso, come ho già detto, non sono le tue parole ad essere state indelicate (sebbene - come immaginerai - non sia d'accordo su molte delle cose che hai scritto). E' la sede ad essere inappropriata: lo ribadisco, io non ho attaccato nessuno pubblicamente (ora ti sei palesata... ma è stata una tua libera scelta!) - non vedo per quale motivo tu mi debba accusare su questa mia pagina, sciorinando tutti quelli che sono secondo te i miei difetti. Lo trovo un po' di cattivo gusto, tutto qui.

Lo scopo del mio post, infatti, era parlare di un certo modo di vivere e concepire i rapporti umani (al femminile!), non certo tirare in ballo i fatti nostri (che non interessano a nessuno, se non, forse, a noi due) - né tanto meno farmi psicanalizzare in diretta.

Evidentemente ho fallito nel mio intento.

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