Nelle ultime settantadue ore ho avuto modo di ascoltare racconti di varia natura riguardanti i rapporti fra uomini e donne; racconti che non riferirò né qui né altrove (per amore e dovere di segretezza), ma che sono serviti a farmi riflettere (ancora!) su quanto sia complesso oggigiorno riuscire a stabilire legami sentimentali, amorosi e perfino amicali.
Come se non bastasse, nell'ultimo anno e mezzo sono stata io stessa costretta (i dolori del precariato hanno infinite sfaccettature) a fare conoscenza con personaggi bizzarri (di ambo i sessi, tanto per non farmi mancare nulla) che mi hanno rammentato (caso mai ce ne fosse bisogno) quando devastanti possano essere sull'individuo e sulla società le frustrazioni personali non risolte.
Infine, ascoltando le chiacchiere da bar, pub, pizzeria, mi sono convinta che le donne sono cattive. Più cattive di quanto lo siano mai state in passato. Indurite e volgari. Qualcuno le definerebbe "donne con le palle". Io preferisco chiamarle soldati stanchi della guerra fra i sessi - o non chiamarle affatto, ché meno le si nomina meglio è.
Il modello illustre
L'amante di Lady Chatterley è la bibbia della perfetta unione fra uomo e donna. Ed è ciò che di rado si verifica nella vita comune.
Bizzarro, perché la "ricetta" proposta da Lawrence (che si prefiggeva scopi letterari ben più alti del dirimere questioni matrimoniali, il suo spirito illustre vorrà perdonarmi questa divagazione) è semplicissima: ciascuno rispetti il suo ruolo e che si faccia molto sesso.
Il che significa: la donna sia donna (morbida come una Constance Chatterley dinanzi alla gabbia dei fagiani), l'uomo sia uomo (rude e di largo cuore quanto basta, come un Mellors impaziente) e si tenga ben a mente che non esiste amore senza sesso.
Macché. Nel corso della modernità, il genere umano sembra aver applicato tutte le sue risorse mentali ed emotive per complicare quella che parrebbe essere una situazione elementare. E se prima era la repressione dei costumi, a complicare i rapporti fra uomo e donna, oggi ci si sono messe d'impegno la mancanza di pudore e la confusione morale e intellettuale.
L'uomo
Così, convinti di aver ben definito le rivoluzionarie caratteristiche maschili nei modelli trasmessici da televisione e rotocalchi (gli sciupafemmine palestrati, che non piangono, non si commuovono e non avranno altro dio al di fuori del calcio), ci ritroviamo nella vita reale, signore mie, a dover combattere con un esercito imbelle di individui depressi, deboli al punto da ispirare tenerezza materna. Ma, si sa, l'amore fra Fedra e Ippolito ebbe un esito sfortunato.
Gli uomini hanno paura, non si sentono all'altezza. E tutti i torti non li hanno: se a noi donne, infatti, è stato proposto di fare un passo indietro, di instupidirci dietro a creme e cere depilatorie, a loro è stato imposto come modello quello dell'eterno vincitore - costi quel che costi. Non possono sbagliare, non possono piangere, non possono tentennare. Qualora ciò accadesse, ci sarebbe sempre una furia scatenata e apparentemente emancipatissima, al loro fianco, a rinfacciare il fallimento.
La vagina dentata ha sempre fatto una certa paura. Figuriamoci una vagina frustrata e recriminante.
E le donne?
Che cosa sono diventate le donne?
Se gli uomini (tremanti, incerti e indecisi) ispirano una certa dolcezza di sentimento, le donne, dal canto loro, fanno prudere le mani.
Non sono tanto i modelli imposti, la falsa emancipazione che ci ha rese schiave del botulino e del silicone - no. E' la cattiveria, ad avere compiuto i danni peggiori.
Pensiamo alla povera Connie Chatterley
(«Pensò alla donna con infinita tenerezza. Povera creatura, migliore di quanto si credeva. Troppo bella per riuscire a stare in contatto con tutto quanto la circondava. Povera creatura! Condivideva la fragilità dei giacinti selvatici. Nulla in lei era solida gomma, infrangibile platino, sostanze di cui appaiono composte le ragazze di oggi! E il mondo l'avrebbe vinta. Loro l'avrebbero avuta vinta! Era inevitabile che loro distruggessero tutto quanto aveva parvenza di vita naturalmente tenera...»)
ma pensiamo anche al significato più generale dell'essere donna (reso in modo così preciso dalle parole di Lawrence): "donna-domina", signora (ah, quella nobiltà d'animo che oggi consideriamo paccottiglia medievale!) dispensatrice di vita, di amore, di felicità terrena. Donna che elargisce senza mai attendersi nulla in cambio, che distende, appiana, concede.
Non pensate alle singole fulgide eccezioni (io stessa conosco donne che ancora si tengono strette certe caratteristiche); pensate piuttosto al modello imperante, diffuso come gramigna nella nostra splendente società.
E ammettetelo: le donne sono diventate cattive. Ai tempi di Messalina, almeno, sapevano esserlo con intelligenza. Oggi si limitano a (s)vendersi al miglior acquirente...
Il risultato
Ne consegue che i rapporti interpersonali (amorosi in primis, ma anche amicali) nascono, nella maggior parte dei casi, sotto una cattiva stella.
Impegnati come siamo a essere ciò che non siamo, anziché coltivare con orgoglio la nostra singolarità, cerchiamo nell'Altro (uomo o donna che sia) incessanti conferme della nostra zoppicante autostima. Per amarci, dobbiamo sentirci amati (e dovrebbe accadere il contrario.) Ripetiamo con sfacciata ipocrisia che il sesso è un volgare accessorio del sentimento amoroso (e non è vero: il sesso è basilare, come ci insegnano Lady Jane e John Thomas). Per esistere, per vivere, ci aggrappiamo come zavorre alle caviglie altrui, ossessionati dal terrore della solitudine.
Il risultato è (quasi sempre) una disfatta clamorosa; il ritorno (pesti e malconci) a quella solitudine da cui cercavamo di sfuggire come dal peggiore degli incubi.
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